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La lingua ufficiale dell'HELLAS: Il dialetto veronese


A chi si avvicina per la prima volta alla nostra lingua (sopratutto ai non veneti) consiglierei di tener presente 3 concetti fondamentali del dialetto scaligero:
1. Le doppie sono abolite: Allungano la parola e non sono utili a capirne meglio il significato
2. Attenzione alla S (esse): A seconda delle zone va pronunciata in maniera dura o dolce e qualche volta si trasforma addirittura in Z (zeta) nella bassa oppure nella X del famoso XÈ (è) veneziano aldilà del torrente Alpone per origini storiche che magari esporrò meglio più avanti ma che magari potrete verificare meglio in questo sito L'ARENA DOMILA, il 'GARZANTI' della lingua, gli usi ed i costumi scaligeri.
3. Gli accenti: Sono 'vitali' per capirsi e se li sbagliate vi 'sgamano' subito! Per aiutarvi però tenete presente che molte delle parole veronesi sono sdrucciole o bisdrucciole, cioè che l'accento cade sulla terzultima o quart'ultima sillaba, sopratutto nei cognomi e praticamente sempre quando l'ultima lettera non è una consonante (CÀNEVA non CANÉVA ma GAMBÌN non GÀMBIN). A complicare le cose è il fatto che molte parole sono tronche e perdono l'ultima lettera, solitamente una vocale, cambiando accento in automatico! Tutto qua? Ma manco per idea! Sappiate che alcuni accenti sono 'grafici' e si vedono nelle parole scritte come nell'articolo sottostante, altri sono 'tonici' nel senso che vengono detti solo nella pronuncia (se no sarebbe banale) Ah ah... qui 'http://www.intratext.com/IXT/ITA2500/_PD.HTM' viene chiarito mooolto meglio il concetto.

Eppoi tenete presente SEMPRE, quando girate dalle nostre parti, sopratutto nei piccoli paesi, che il veronese 'tipico' (specie se un po' avanti con gli anni) usa intercalare con una bestemmia per legare meglio le parole e rendere vividi i concetti. Ma non abbiatevene a male! Non lo fa per cattiveria o per offendere dio o i santi... Lo fa per una mera necessità dialettica! Per cui... Chiudete un occhio e non vi preoccupate; convengo che non sia educato o fine ma... Chi siete voi per sradicare in un attimo 'tradizioni' centenarie? Suvvia, siate tolleranti ed elastici...

  • BAO (diminutivo di BABAO): È la parola che più in generale identifica un insetto.

  • BÁRUFANTE: L'etimologia di questa parola già spiega in toto il suo significato: colui al qual piace la 'baruffa'... L'attaccabrighe insomma

  • BÌSO: Il significato? Lo stabilite voi! Ecco la genialità dell'idioma scaligero! Se usate la esse dura di "Santo" è un serpente se altrimenti lo pronunciate con la esse dolce di "aSino" diventa un pisello... La saggezza popolare ha preferito che non ci siano altri modi di pronunciare quella esse onde evitare ulteriori complessità

  • BOGÓN: È la lumaca con "la casetta" marrone, più grossa di quella comune, quella che i francesi presentano come un piatto "stellare", il famoso escargót di lumache.

  • BOGONÈLA: Non è un vezzeggiativo di BOGÓN e nemmeno un suo diminutivo, ma la lumaca comune, quella piccolina che si trova nei prati e che, almeno dalle nostre parti, non si mangia.

  • BUÈL (o BUELÓN maggiorativo): Lett. "Budello". Questo termine ha due significati e può essere usato sia per indicare il rivestimento degli insaccati si per dileggiare una persona grassa, un "ciccione".

  • CÀPONARA: Simile ad una stalla ma ridotta molto male. Spesso costruita con materiale di fortuna come pezzi di banda o eternit... Credo che il termine derivi da 'CAPPONE' ma da noi la 'caponara' indica un rifugio per animali di piccola taglia (pollame, conigli, ecc...) in generale.

  • (QUELA) CHÉ T'HA CAGÀ: Lett. "(Quella) Che ti ha cagato" allude al fatto che colei che ti ha generato lo ha fatto dal canale sbagliato (quello anale invece di quello uterino) e che probabilmente, come persona, sei equiparabile alle feci. Come rafforzativo è spesso inserita la parola "STRÀ" fra le parole "T'HA" e "CAGÀ" ma il consiglio saggio è che quando la sentite non vi dovete perdere nell'analisi della sonorità e nella pienezza degli accenti: datevela a gambe il più presto possibile, come si sarà capito questa esclamazione, specie se urlata, non è affatto amichevole; si narra che, quando si ode nell'aria, sicuramente si è in provincia di Verona per cui, non può che essere un termine-simbolo per eccellenza

  • (QUELA) CHÉ T'HA CUNÀ: Lett. "(Quella) Che ti ha cullato". Molto più gentile di "chet'hacagà" vuole alludere sempre alla madre o comunque alla persona che di te s'è presa cura quando eri in fasce (ma con il medesimo significato poco carino)

  • CÓGOMA: Storpiatura dell'italiano CUCCUMA significa chiaramente caffettiera

  • CRÙSIO: Lett. "Cruccio". Venire additati come CRÙSIO non è bello perchè significa che siamo troppo insistenti e, per la persona che ci stà parlando, stiamo oltrepassando il confine che ci farà diventare "sapèl". Avere un CRÙSIO non è praticamente previsto.

  • CUCIÀR: Lett. "Cucchiaio"

  • CUCIÀRSE: Verbo usato sopratutto al riflessivo; indica l'azione di inginocchiarsi.

  • (COME) DARGHE A UNO CHE CAGA: Indica l'estrema facilità nel fare qualcosa per l'appunto come picchiare qualcuno che stà defecando e non si può difendere

  • DE QUÀ DE CAO (o DAL CAO): Lett. "Di qua da questo capo". Frase che si usa quando, interrogati su come un oggetto si debba prendere, l'interlocutore ci risponda accompagnando la frase in oggetto a dei gesti inequivocabili

  • DIÈL: Lett. "Dito".

  • GALÓN (o GALONSÌN vezzeggiativo): Non è un maggiorativo per il gallo ne un unità di misura anglosassone ne menchemeno un grado militare ma rappresenta semplicemente il termine che indica il "polpaccio", il muscolo che stà sopra la "PÙPOLA". Famoso è infatti il modo di dire "'ÓLTAR GALÓN" quando, invece di alzarsi sentendo la sveglia mattutina, si preferisce girarsi dall'altra parte e continuare a dormire. Anche se non c'entra molto con la coscia, se usato con chiaro riferimento al pollo, rappresenta la zampa del pollo.

  • GÓMBIO: Gomito.

  • LUMÉGO: Lett. "Lumaco". Spesso confuso con la parola "lumaca" in realtà, a differenza della sua parente più famosa, il "LUMÉGO" non si porta la casetta sulle spalle e striscia meno appesantito. Solitamente è molto più grosso della 'lumaca comune' ma non è un BOGÓN! Il BOGÓN la casetta sulle spalle ce l'ha...

  • LUMÉRA: Lett. "Lumiera". È un zucca cava contenente una candela, tipo quelle che si vedono in giro per Halloween (se ti stai chiedendo se ce la siamo inventata noi la risposta è sì così come lo "SCIÀNCO" antenato del baseball). Termine usato sopratutto nella bassa

  • MÀN: Lett. "Mano"

  • MASÌNARSE: Da pronunciarsi con la esse di Santo significa "sbrigarsi", da non confondere con la parola MASENAR, da pronunciarsi con la esse di Asino, che significa macinare

  • MÓRECIOLA (o MÓRECIOLETA vezzeggiativo): Classico e 'sano' topino di campagna da non confondersi con la più volgare e pericolosA "PANTEGANA" che è il ratto di fosso, schifoso e a volte più grande di un gatto o con la "TÓMPEGANA" che è sempre un roditore ma è una talpa...

  • MULTÓN (o MAOTÓN): Dovrebbe derivare da una storpiatura di "montone", animale preso ad esempio per indicare testardaggine e rigidità mentale. In generale "èsar un multon" significa essere testardi e/o non particolarmente intelligenti...

  • NÀR A REMENGO: Lett. "Andare a ramingo"; qui il dialetto incontra e recupera termini antichi e nobili. Significa girare senza metà ma rigorosamente non per lavoro... Insomma andare a spasso girovagando pur di non tornare a casa

  • PANÀ: È sostanzialmente la pearà riuscita male o quella che vi propinano, per paura di stendervi o per andare incontro più facilmente a tutti i gusti, nei ristoranti cittadini. Ricordatevi: la vera pearà è quella fatta in casa, che 'spacca' la bocca e fa dire "AAAAHHHHH" (come recita un famoso adagio scaligero). Volendo parafrasare una famosa reclame si potrebbe dire "La pearà è un piacere! Se non fa dire aaaahhhh che pearà è?"

  • PÀNGOTO: È la clava in plastica vuota che si usa a carnevale o come gioco di bambini

  • PEARÀ: Lett. "Peperata" è la tipica salsa veronese, sconosciuta oltre gli scaligeri confini, da consumarsi in accoppiata con le carni lesse, il cotechino o lo zampone. Gli ingredienti di cui è composta sono brodo, pane grattugiato (meglio se raffermo), midollo di ossa bovine e tanto (meglio se troppo) pepe! È un piatto evidentemente invernale ma qualche volta, specie se poi si ha la possibilità di andare a letto, la pearà viene consumata anche nella bella stagione. Alcuni hanno provato a aggiungere delle varianti tipo l'olio d'oliva e/o il Grana Padano ma l'ingrediente principe, quello che dà giustamente il nome alla bollentissima salsa, è il pepe! Altrimenti rischiate di mangiare la panà che è un'altra cosa.

  • PIÉ: Lett. "Piede"

  • PIRÓN: Lett. "Forchetta"

  • PÌSTOR: PÌSTORA al femminile si riferisce all'antico mestiere del mugnaio, quando il grano veniva "pestato" finemente per fare il pane

  • PÓLINAR: Spesso confuso con 'caponara', di cui in effetti è una similitudine, il termine in oggetto è più un sofismo del termine che indica un rifugio per gli animali e stà a significare letteralmente 'casa per i polli' nella quale vengono messi anche altri animali da cortile quali galline, anatre, oche, ecc...

  • PÓSTAISO: Posticcio, traballante

  • PÙPOLE: Tendini nella parte posteriore della caviglia, sopra il tallone. Deriva quasi certamente dalla storpiatura di un termine medico-scentifico che indica la stessa zona del corpo ed è sicuramente uno dei termini che più dimostra la ricchezza e la cultura di un dialetto come il nostro che più che un dialetto è una vera e propria lingua

  • REGATÀR (o DRAGÀR o RÌMETAR): Non ha niente a che vedere con la vela e significa vomitare.

  • RÉGUESTE: Fegatini di pollo o gallina, squisiti dalle nostre parti, con le taglaitelle nel brodo.

  • SAPÈL: È uno strumentoche usavano i contadini quando necessitavano di un'arnese più piccolo e preciso della normale zappa ma più in generale questo 'curioso' termine è usato per indicare una persona fastidiosa, che arreca continuo disturbo.

  • SBÓFICE: Indica una persona grassa, un "ciccione". La "S" va pronunciata dolcemente, come quella di aSino.

  • SBÓRO (o SBÓRA): Lett. "Sperma" ma può indicare anche freddo intenso mentre il verbo che da questo sostantivo deriva "SBÓRAR" può significare sia "eiaculare" che "mantenere un atteggiamente altezzoso e superbo". Un altro significato di questa parola, quando usata come verbo solitamente al riflessivo, è "fregarsene"; "Non me ne sbora un casso" (volgare e aggressivo) significa "Non me ne importa niente". La esse va pronuciata dolce (come aSino)

  • SCÀESAGNE: Stradine di campagna, non asfaltate, polverose d'estate e melmose d'inverno, in cui passano solitamente i trattori o le bici 'abituate' alla dura vita di campagna.

  • SCAPOTÀR: Lett. "Capottare" frase usata sia per indicare un ribaltamento fisico (es. con l'auto) che per un'evento altamente divertente o imbarazzante, che fa quasi mancare le forze e... Cadere per terra

  • SCÀRESE: Brividi. "Far scàrese" significa "Fare ribrezzo"

  • SCIÀNCO: Le lettere "S+C" non vanno lette come in aSCesa ma unendo alla esse dura di Santo la ci di "caccia". Antenato del più famoso baseball americano, lo sciànco è un gioco conosciutissimo dai veronesi sessantenni e oltre ma ultimamente, grazie sopratutto alla rassegna di giochi di strada "Tocatì", è stato riscoperto anche dai più giovani. Si hanno a disposizione
    - 1 sasso (mare) da utilizzare come base;
    - 2 bastoni (manici di scopa) 40 cm e 12 cm appuntito alle estremità (sciànco);
    - 2 squadre di quattro giocatori ciascuna;
    - 2 aree circolari della misura di un bastone lontani cinque passi dalla mare.
    Esiste una fase d'attacco ed una fase di difesa. Scopo del gioco per gli attaccanti è di avvicinare il più possibile lo sciànco alla mare senza usare le mani ed evitando i difensori avversari. È un gioco complesso che descriverò nel dettaglio appena possibile.

  • SCRABOCIÀR: Scarabocchiare un foglietto o un pezzo di carta segni e/o lettere non necessariamente disposte in senso logico

  • SENGIÓN: Tipologia di secchio

  • SERCIÓN: Cerchione dell'auto, parte non in gomma della ruota di un auto, una moto o anche una bici (si pronuncia con la esse dura di Santo a Verona e limitrofi e con la zeta di maZZo nella bassa)

  • SCUDÈLA: Tipica tazzona senza manico nella quale al mattino si fa colazione con il latte (nel quale i più sofisticati mettono i corn fleiks mentre il resto del mondo veronese aggiunge solo un po' di caffè oppure, a volte, la polenta avanzata dal giorno prima); è del tutto evidente l'amore che i veronesi hanno per questa parola e lo si vede anche da come l'hanno affibbiata al centrocampista CIOTOLA come soprannome

  • SÉRGNAPOLA: Pippistrello (si pronuncia con la esse dura di Santo a Verona e limitrofi e con la zeta di maZZo nella bassa)

  • SFÓNDRADO: Lett. "Sfondato" è un termine per indicare un mascalzone ed in generale un'offesa molto... Pesante

  • SGUÌSO: Spavento "Ciapàr un sguìso" significa prendere spavento. La prima esse è dolce la seconda è dura.

  • SIÓN: La religione ebraica non c'entra nulla! Trattasi di pompa manuale usata anticamente per prelevare acqua da un pozzo. L'avete mai vista? Io si e vi assicuro che acqua buona e fresca come quella non l'ho più bevuta

  • SÌTA: Lett. "Saetta", fulmine tipico dei temporali estivi. Al solito la esse dura si usi a Verona e dintorni la zeta di mazzo si usi nella bassa

  • SLANDRÓN: Termine molto offenssivo ad indicare un malvivente. La "S" va pronunciata dolcemente, come quella di aSino.

  • SÓGA: Corda o fune

  • SÓRSEGAL: Furbastro, persona che pensa ai suoi interessi ma si fa beccare subito insomma prova a fare il furbo ma è maldestro e viene scoperto quasi subito

  • SPAMPANÀR: Lett. "Spargere"

  • SPÉGASO: Lett. "Tragedia" o "Disgrazia". Usato come aggettivo es. "Té sì un spégasso" è assolutamente dispregiativo.

  • (RÌDAR PAR 'NÀ) SPIRONÀ DÉ BRÓDO: Queste parole sono quanto di più preciso e poetico hanno partorito i nostri vecchi per indicare il nulla: Cos'altro sarebbe altrimenti "Una forchettata di brodo"? Solitamente si associa ad una persona sciocca, che appunto ride per nulla...

  • STRÓPA: Con questo termine si indica un rametto d'albero lungo ed elastico da usare a mo' di scudiscio. La "strópa" era uno degli antichi metodi correttivi usati dai genitori (o in collegio) per ridurre la prole particolarmente turbolenta a più miti consigli (sentir dire alla mamma "'dèso ciàpo la strópa" era particolarmente allarmante). Attenzione però! Perchè "Èsar 'na bèla strópa" significa essere una bella ragazza (attualmente è poco usato in questi termini però).

  • SUSTA: Molla che, caricandosi girando una chiave o tirando indietro una macchinina giocattolo che ne è fornita, fornisce energia per il movimento di carillon o balocchi di vario genere...

  • S'ÙTO MAI CHE SIA!: Lett. "Cosa vuoi che sia!" frase usata per rincuorare il prossimo

  • S'ÙTO SAÈR!: Lett. "Cosa vuoi sapere!" in realtà ha il medesimo significato di "Chissà". Da pronunciarsi ammiccando leggermente con gli occhi...

  • TÓMPEGANA: Volendo fare i sofisti, è una talpa ma spesso e volentieri sentirete questo termine per indicare lo schifoso "Ratto di fosso"

  • TORTÓR: Parola ampiamente onomatopeica che significa "imbuto"

  • ÙCIA: Lett. "Ago"

  • (LA) VACA (DE) TÓ MARE: Anche questa è un'esclamazione aggressiva. Viene rivolta alla madre che viene paragonata ad una mucca... Curiosità: si può udire spesso allo stadio, rivolta all'arbitro, quando quest'ultimo non è simpatico alla Curva Sud.

  • VERSÓR: Aratro (da pronunciarsi con la esse dura di Santo)

  • VÉSOTO: Vocabolo usato sopratutto nella bassa indica una botte piccola e per associazione una persona bassa e tarchiata. la esse va pronunciata dolcemente (come aSino) e nella bassa diventa zeta (come Zorro)